venerdì 28 febbraio 2014

Case della salute nel Lazio

Finalmente, una notizia che aspettavo!
Oggi al Tg Regione hanno mandato un micro servizio sulle Case della Salute!
In particolare la prima del Lazio, inaugurata in questi giorni a Sezze(di seguito un articolo trovato nel web)
Non sono contenta solo perché le Case della Salute sono il luogo dove l'infermiere la farà da Principe, ma anche perché ci si auspicano nuovi posti di lavoro e punti di riferimento territoriali per le persone.
Molte volte si legge di attese interminabili nei Pronto Soccorso, ma spesso si tratta di attese evitabili o immotivate, solo perché il Ps diventa l'unica porta a cui bussare se si ha bisogno di aiuto!!
Questo modello è un successo sopratutto per il Lazio, perché in altre regioni "Illuminate" come l' Emilia Romagna, risulta essere già adottato e vincente. 
Potrebbe essere l'unico spiraglio di luce per la situazione laziale, stanca e satura e l'unico segno di Intelligenza da chi ci governa...forza e coraggio!

Agli infermieri voglio dire solo : Meritiamocelo!

Le Case della Salute sono strutture sanitarie e socio-sanitarie, dei Nuclei di cure primarie, pensate per essere luoghi di riferimento per i cittadini, dove i servizi di assistenza primaria si in­tegrano con quelli specialistici, ospedalieri, della sanità pubblica, della salute mentale e con i servizi sociali. Un luogo di accesso unico, diffuso in modo omogeneo in tutta la regione, dove si sviluppi un maggiore coordinamento tra gli operatori sanitari e una più efficace integrazione dei servizi.
Taglio del nastro per la Casa della Salute di Sezze. 
La cerimonia di inaugurazione, presieduta dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, si è questa mattina nella struttura che per anni ha ospitato l'ospedale cittadino. Dopo la benedizione del vescovo della diocesi di Latina- Terracina- Sezze – Priverno Mariano Crociata, i lavori sono stati aperti dal Direttore Generale della ASL di Latina Michele Caporossi. “Quella di oggi – ha dichiarato Caporossi – è una tappa importassima raggiunta dall’Amministrazione Regionale. La Casa della Salute non è solo una struttura fisica ma è un nuovo modello di assistenza alla persona. E’ cambiato il modo di pensare l’assistenza sanitaria poiché è cambiata la medicina stessa. E’ nella Casa della Salute che avviene la presa in carico del paziente e questo ci consentirà di migliorare anche l’unità di crisi dell’Ospedale S. Maria Goretti di Latina. Le persone potranno finalmente trovare la risoluzione ai propri problemi nel territorio”.
Sosddisfatto il Sindaco Andrea Campoli. “Oggi la numerosa presenza dei cittadini – ha commentato – testimonia quanto sto dicendo da tempo: finalmente è iniziato un altro momento storico per la sanità. La nostra regione, purtroppo, ha subito dal punto di vista sanitario una revisione della spesa pubblica a causa del debito accumulato, penalizzando soprattutto le province. A causa della crisi, inoltre, ampie fasce della popolazione sono costrette a rinunciare a curarsi. La Casa della Salute, che oggi andiamo ad inaugurare, rappresenta invece un nuovo modello di sanità, in cui si investe sui bisogni della persona. Finalmente la persona torna ad essere al centro del sistema sanitario. Sezze ha la fortuna di poter essere il luogo sperimentale di avvio della prima Casa della Salute del Lazio. Speriamo che tali strutture possano essere replicate presto anche in altre realtà”.

Il Governatore del Lazio nel suo intervento ha evidenziato che nella regione sta nascendo una nuova rete sociosanitaria territoriale di cure primarie e di continuità assistenziale. “La Casa della Salute – ha dichiarato Zingaretti – è un esperimento che inizia sul territorio. Non dobbiamo fermarci perché quella intrapresa è la strada giusta. Vogliamo aprire 48 Case della Salute del Lazio così come già avviato in altre regioni, dando la possibilità ai cittadini di avere servizi migliori spendendo di meno. E’ un sistema che fino ad ora non esisteva, dove i cittadini possono incontrare una nuova offerta di servizi, più accessibili e meglio organizzati”.

Altro elemento sottolineato da Zingaretti è il blocco del turnover. “Il blocco delle assunzioni – ha spiegato Zingaretti – sta provocando un disastro enorme, poiché si tengono fuori giovani medici ed infermieri alimentando il precariato. Inoltre, sta accadendo anche che il nostro personale viene assunto in altre regioni dove, invece, non c’è questo blocco. Quindi l’altra sfida che ci siamo proposti di riuscire a vincere con questo nuovo modello del sistema sanitario è quella di riqualificare il personale. Tra l’altro dal 2012 abbiamo certificato che il Lazio ha le carte in regola per superare il blocco del turnover. A parità di costo si può procedere a stabilizzare 400 precari del settore socio-sanitario”.


mercoledì 26 febbraio 2014

Infermieri italiani, scelte con il cuore: il piccolo Mario adottato dalla sua infermiera Nadia.

Non solo notizie negative all'orizzonte

Anche in Italia tra gli infermieri abbiamo esempi di grande umanità e coraggio per scelte difficili!Professionalità e cuore... 

Sul sito dell' Ipasvi leggo questa notizia e vado a cercare qualche notizia in più

Addio mio piccolo: eri senza scampo e io ti ho voluto

È morto Mario, il bambino abbandonato dai genitori perché gravemente malato e poi adottato dalla sua infermiera. Storia di un amore sconfinato
La copertina rossa col faccione di Supermario è ancora stesa sul lettino presidiata da due orsetti. In fondo al letto della mamma, il fasciatoio e, intorno, peluche e foto. Non c’è traccia della bombola d’ossigeno e le flebo sono sparite; resta solo l’asta, accanto al muro. E un passeggino piegato all’ingresso, che aspetta di esser portato via. Mario non c’è più. Negli ultimi mesi della sua breve vita, Mario, il bambino nato nel 2011 con un grave handicap e subito abbandonato dai genitori, in questo appartamento all’ultimo piano dei palazzoni di via della Pace a Grosseto ha trovato la mamma che non aveva mai avuto: Nadia, la sua ex infermiera.
Una mamma dolce, che l’ha preso in affido come fosse suo, lo ha cullato e coccolato come mai nessuno aveva fatto con lui. E che un mese fa gli ha chiuso per l’ultima volta gli occhi a mandorla. Quegli occhioni che senza di lei avrebbero visto solo corsie d’ospedale e camici bianchi.
«Con lui è stato un amore a prima vista», racconta Nadia Ferrari, 46 anni, seduta sul divano, il ritratto di Mario in mano. Gli occhi sono due brillanti di luce quando ripercorre quel momento. «Mario – racconta – è nato il 16 giugno 2011 a Siena da genitori cinesi. Un parto gemellare prematuro e complicato. La sorellina morì subito, lui ebbe una grave emorragia cerebrale. Lo operarono e lo trasferirono al Meyer a Firenze. Sviluppò un idrocefalo, quindi gli misero delle valvole di drenaggio in testa e poi fu mandato qua a Grosseto a seguito di accordi con la patologia neonatale». I genitori? Scompaiono. «Serviva il loro consenso per le cure, ma di loro nessuna traccia. Poi si rifecero vivi, firmarono le pratiche per l’abbandono e da quel momento per Mario decise il tribunale».
Il giudice stabilisce che il piccolo sia affidato a un istituto religioso di Grosseto, ma le suore devono rinunciare: troppo gravi le sue condizioni. A Mario serve un’assistenza continua. E gli serve una mamma. Il piccolo resta ricoverato per mesi e viene “adottato” dagli infermieri. Il Tirreno ha raccontato la sua storia due anni fa. «L’articolo – spiega Nadia – ebbe un doppio effetto. Chi con prole a seguito chiedeva di “far vedere il bimbo” al figlio. Come allo zoo. E chi invece si fece avanti per adottarlo». Una signora, in particolare, avvia le pratiche ma il tribunale dice no. È l’agosto 2012, Mario ha un anno e non è mai uscito dall’ospedale.
«Le sue giornate le passava da solo – racconta Nadia – perché noi infermieri avevamo anche altri bimbi da seguire. Se ne stava sul seggiolone con una giostrina attaccata sopra e ogni tanto muoveva la manina. O stava in culla. Partiva per il Meyer per le operazioni, tornava tutto pieno di tubi. Ed era solo. E io non ce la facevo più». Perché per Nadia quel bimbo è stato da subito molto più di un paziente. «Quando ero a lavoro stavo con lui, quando ero di riposo andavo all’ospedale per stare con lui», racconta con un sorriso.
mario5Nadia decide dunque di chiedere l’affido. Ha 45 anni, un divorzio alle spalle e una figlia di 19 anni. «La burocrazia è stata un’impresa inimmaginabile: sei mesi per avere il via libera e poi mille carte e per il permesso di soggiorno, e per i documenti».
Nadia racconta il suo gesto come fosse la cosa più naturale del mondo. «Be’, sì, tutti, dai colleghi agli amici, mi dicevano che ero pazza. Per me erano loro quelli strani. Io conoscevo perfettamente la situazione, sapevo che Mario non avrebbe vissuto a lungo, che era un impegno 24 ore su 24. E allora? Ci saremmo goduti ogni istante. E lo abbiamo fatto». Mario, che all’inizio non vuole esser preso in braccio perché non ha mai conosciuto il contatto fisico. Mario, che piangeva di rado, solo se stava davvero male, perché non sapeva cosa sono le bizze. Mario, che era stato abbandonato dai genitori in culla, in quella casa trova una mamma e una sorella.
Nadia si mette in maternità e lascia il lavoro. «In venti giorni a casa ha imparato quel che in un anno e mezzo non aveva mai imparato: deglutire, stringere la mano, tirare baci, sorridere. E ha scoperto il calore di un abbraccio. Voleva essere continuamente preso in collo. Non era mai stato all’aria aperta. In quei mesi, da marzo ad agosto 2013, siamo stati solo fuori: mare, montagna, parco». Nadia mette in vendita la casa; ne cerca una al pian terreno col giardino. «Per quando sarebbe stato più grande. Speravo vivesse un po’ di più».
E invece, il 7 agosto 2013, Mario ha una crisi. «Lo riportammo al Meyer. Sapevo che era la fine e chiesi la leniterapia ma un “luminare” decise di operarlo. Un vero accanimento, un’agonia. Era forse la ventesima operazione che subiva». Mario entra in coma e quando si sveglia vive in una continua crisi epilettica. «È stato malissimo. Ottenni di riportarlo a Grosseto dove gli trovarono una cura per le crisi. Poi siamo tornati a casa: dopo quasi tutta la vita in ospedale, non volevo che fosse lì quando la morte sarebbe arrivata. Volevo che morisse a casa sua». Sono giorni strazianti, fatti di notti insonni e giornate senza riposo. Arriva la leniterapia ma serve per poco. Mario muore il 26 gennaio 2014.
Nadia non è ancora tornata a lavoro, lo farà lunedì. In questi giorni ha sistemato la tomba di Mario e, nel primo giorno libero dopo mesi, è andata a farsi un tatuaggio. «Eccolo – dice mostrando il polso – una M e una A,Mario e Alessia. I miei figli. Le mie benedizioni».

martedì 25 febbraio 2014

Kiev infermiera ferita, la mia solidarietà!

Solidarietà per questa Infermiera che presta servizio in una zona di vera guerriglia urbana...chi di noi avrebbe il coraggio?! Scendere in piazza, a prescindere dal proprio credo politico e curare i manifestanti e cittadini senza pregiudizi, a rischio della propria pelle?


Un bellissimo esempio del cuore che pulsa dentro la nostra professione.

Anche se sono passati giorni, e di te non sappiamo più nulla, io ti penso ancora...e spero che tu stia bene
!

Kiev, infermiera colpita da proiettile twitta: «Muoio». E poi: «Sono viva»

Il post drammatico di Olesya Zhukovskaya aveva fatto il giro del mondo (corriere.it)

Giovedì. Erano bastate poche ore perché il messaggio della ragazza, insieme alla foto, facesse il giro della rete. Le voci sulle sue condizioni di salute si sono rincorse sul web minuto dopo minuto. Il messaggio è stato ritwittato migliaia di volte. Centinaia di messaggi sono comparsi sotto il suo. I ragazzi del movimento, hanno iniziato a dialogare a distanza, per cercare di capire cosa fosse successo.


Ucraina: infermiera ferita twitta, 'sono viva'
(ANSA) - ROMA, 21 FEB - ''Sono viva''. Lo ha appena twittato Olesya Zhukovskaya, l'infermiera ucraina ferita a piazza Maidan il cui tweet "Io muoio" aveva fatto ieri il giro del mondo. Nel nuovo messaggio la ragazza ringrazia chi ha "pregato" per lei e precisa che secondo i medici le sue condizioni sono ora stabili. (Il messaggero)

(sky tg24) Un video che chiede al mondo di stare dalla parte dei manifestanti di piazza Majdan. Una pagina Facebook che raccoglie tutti i volti degli ucraini che nelle ultime settimane sono scesi in piazza. E poi storie che tengono con il fiato sospeso sui social network, come quella della volontaria paramedica che dopo esser stata ferita ha twittato: “Muoio”. La protesta ucraina non corre solo nelle piazze (dove si contanto decine di vittime e centinaia di feriti), ma anche online, dove le notizie sugli scontri e le violenze vengono condivise in tempo reale.

La ragazza del tweet che ha fatto il giro del mondo si chiama Olesya Zhukovskaja, ha 21 anni e vive a 250 Km da Kiev. Dall’inizio delle rivolte ha deciso di unirsi ai tanti ucraini che protestano nella capitale, prestando aiuto come volontaria paramedica. Nella giornata di giovedì 20 febbraio Olesya è stata gravemente ferita. E la sua foto, con il sangue che gronda dal collo e scende sulla croce rossa stampata sulla maglietta, ha presto fatto il giro del mondo. Anche perché poco prima di essere soccorsa Olesya Zhukovskaja ha pubblicato sui suoi profili vKontakte e Twitter un messaggio disperato: “Muoio”. 

lunedì 17 febbraio 2014

Risarcimenti per malasanità: le denunce che rovinano il rapporto con i pazienti.

Lo spot sui risarcimenti fa arrabbiare i medici (e gli infermieri no???)




Questo è un articolo dal Venerdì di Repubblica del 7 Febbraio 2014, mi fermo a leggere perché la prima cosa a cui penso è : "Perché quando ai medici gli girano, vanno a finire sul giornale?e mai che si parlasse di infermieri che proteggono la loro categoria, che si incavolano?
In internet trovo articoli riguardanti gli scioperi degli infermieri, i successi degli infermiere ecc ecc sempre e quasi solo su siti per infermieri...!!quando finiremo anche noi in Tv e tutti ci prenderanno sul serio perché per esempio siamo davvero arrabbiati per la mancanza di lavoro, per le condizioni lavorative, per la pessima figura che ci fanno fare Serie Tv e Premier con festini e mascheramenti da infermierine sexy?
Ovviamente non si tratta di uno scontro infermieri VS medici ma il loro atteggiamento può darci qualche spunto, anche perché la questione interessa anche noi.
Proseguo a leggere questo articoletto  di Michele Bocci, voglio sapere cosa bolle in pentola alla classe medica questa volta...

"Quella pubblicità deve essere bloccata. I camici bianchi vanno all'attacco di Obiettivo Risarcimento, una società con base a Treviso che offre assistenza alle persone "vittime di malasanità". Gli spot della società vanno in onda su Rai, Mediaset e La7, mandando su tutte le furie i dottori. "Questi spot fanno aumentare la conflittualità". Tanto che il collegio dei chirurghi ha proclamato uno sciopero sul web oscurando i siti di 65 società scientifiche.
Il timore è anche quello che cresca la "medicina difensiva", che spinge i medici ad essere superprudenti, ad aumentare il numero degli esami, delle visite al Ps e di quelle specialistiche, per paura di sbagliare.
Obiettivo Risarcimento tuttavia non viene scalfito dagli attacchi, anzi rilancia chiedendo un incontro con il ministro della sanità Lorenzin, con una lettera dove si parla di 45 mila morti ogni anno nel nostro paese dovuti alla malasanità. Da Obiettivo Risarcimento spiegano "quando decidiamo di fare una richiesta vediamo riconosciuto l'errore medico il 98.6% dei casi."

I medici hanno ragione, tutta questa storia rovina davvero il rapporto con i pazienti e sopratutto con i parenti dei pazienti, che sono un po ipersensibili e fanno molto presto ad urlare allo scandalo, al caso di malasanità, al maltrattamento ecc ecc.  E ci credo, con quello che si sente al telegiornale!! Avrei paura anche io!
Ma allora come discriminare il vero caso di malasanità da una semplice paura?
Diventa un circolo vizioso: chi si dovrebbe fidare di noi, ci studia nei minimi particolare per scovare una pecca, noi che dovremmo essere interessati solo al bene del paziente, dobbiamo agire prevenendo una possibile denuncia....oddio, che mal di testa!
Molto spesso per esempio, mi è capitato di vedere dei parenti o dei pazienti arrivare dopo aver consultato Internet, e pretendere di avere la prescrizione per un dato esame o un medicinale ed in caso di risposta negativa o diversa, dimostrare sfiducia o scetticismo. A che punto siamo arrivati? Prima di tutto, se siete pazienti, magari in ansia o spaventati, non consultate siti internet, non potete essere in grado di contestualizzare la notizia che leggete!!
Ad una persona che conosco avevano prescritto un farmaco molto forte, che ad alte dosi è notoriamente un chemioterapico. Quando ho letto la prescrizione ho storto un po il naso, ma per non preoccuparla ho lasciato cadere li la cosa, lei si è insospettita comunque e si è scatenata nelle ricerche su internet....la sera era disperata! Aveva letto parole come Cancro, Leucemia, Chemioterapia ecc. Ho dovuto convincerla che alla bassissima dose prescritta non ha propriamente effetto chemioterapico ma di un più leggero immunosoppressore che si usa di routine per la sua patologia. C'era si l'attinenza con patologie Ematologiche, ma non in questo caso! Quindi il problema è sempre il contesto!

La morale secondo me è che dovete fidarvi di medici ed infermieri!
Mantenete la lucidità di ciò che succede al vostro caro o a voi stessi, insospettitevi se serve, ma non agite senza prima aver valutato la situazione, chiedete consiglio all'infermiere che vi ispira più fiducia.
Prendiamo la Laurea per "prenderci cura" in fin dei conti...non siamo dei nemici.

Trasparenza in Sanità?

Arrivare alla certezza che nel Sistema Sanitario Nazionale non si siano affari privati, doppi o tripli giochi, giocati sulla pelle dei cittadini, peraltro con i soldi dei contribuenti. Utopie?

Questa è la domanda che si pone Andrea Gaiardoni, in un articolo de Il Venerdì di Repubblica del 7 Febbraio 2014, e che ci poniamo anche noi!
Bisogna almeno provarci però...
"Riparte il futuro"è la campagna promossa dall'associazione Libera e Gruppo Abele che si propone di contrastare in fenomeno della corruzione. In merito a questo, è stata avviata la petizione "Salute: obiettivo 110% per aziende sanitarie trasparenti", praticamente un termometro che misura il grado di trasparenza delle 240 aziende sanitarie italiane, regione per regione, provincia per provincia.

I promotori del progetto spiegano: "Le Aziende sanitarie erano tenute a nominare centro il 31 Gennaio 2014 il responsabile locale anticorruzione, a pubblicare on line il Piano triennale anticorruzione ea fornire informazioni complete sui vertici, rendendo pubblici i loro curriculum, l'atto di nomina e il compenso"

Maggiore è il numero di criteri soddisfatti, maggiore è il punteggio raggiunto da ogni Azienda sanitaria nella classifica di Libera e Gruppo Abele.

Attenzione! La regione più virtuosa per ora è la Basilicata, che raggiunge il 92% di trasparenza, seguito dal Friuli Venezia Giulia 90% e dalla Valle d'Aosta 89%.





Le maglie neresono il Molise e la Campania, Calabria, Marche.





L'ottimismo è il profumo della vita, ma.....
Le iniziative delle Associazioni sono fondamentali, se non avessimo neanche questa forma di vigilanza certo saremmo perduti, e se non credessimo neanche in questi tentativi ti tutela e vigilanza, cosa potremmo fare? Subire...
Ecco una notizia che mi ha colpito, che se potessi segnalerei alle Associazioni di cui si parlava prima e chiedere...come è possibile? Leggete qui, da un articolo sul Fatto Quotidiano.


Roma, al policlinico di Tor Vergata il successore del primario è suo figlio

In pensione il dottor Fraioli, la Fondazione nomina Fraioli jr. L'ente - presieduto dal governatore Zingaretti - precisa solo che "è un incarico provvisorio e non comporta nessun maggior compenso"


Primario per successione, di padre in figlio. Mario Francesco Fraioli il 13 gennaio scorso è diventato il nuovo primario dell’unità operativa complessa di neurochirurgia del policlinico di Tor Vergata di Roma, precedentemente diretta dal padre Bernardo. La notizia, come anticipato da affaritaliani.it, è stata evidenziata da un’interrogazione presentata dal consigliere regionaleFabrizio Santori (Gruppo misto). Una carriera che fino ad appare travolgente, quella di Fraioli. “La storia del professor Fraioli – spiega Santori- è stata già oggetto d’interrogazioni parlamentari in passato perché si è svolta in condizioni particolari sia per la velocità sia per i modi. Sembrerebbe aver avuto un trattamento favorevole rispetto ai colleghi utile al raggiungimento di una posizione preminente rispetto a questi, avendo svolto il suo percorso professionale interamente a Tor Vergata, nella scuola di specializzazione diretta dal padre e nel reparto diretto dal padre”. La Regione non ha voluto rispondere risposto alle richieste di chiarimenti del fattoquotidiano.it mentre dalla Fondazione Tor Vergata si limitano a precisare che “l’incarico al professor Mario Francesco Fraioli è provvisorio ed interinale, non comportando quindi alcun maggior compenso per la funzione”.
Bernardo Fraioli peraltro aveva chiesto al tribunale amministrativo di non essere posto in pensione nonostante ne avesse maturato i diritti ma il Tar del Lazio il 13 gennaio scorso ha bocciato il suo ricorso: a quel punto la fondazione Policlino Tor Vergata – il cui presidente è il governatore Nicola Zingaretti – ha accolto l’ordinanza e ha nominato Fraioli junior. La famiglia Fraioli è assai numerosa e attiva nella sanità laziale. Un’altra figlia di Bernardo Fraioli, Chiara, dirige la clinica Villa Benedetta nel quartiere romano Montesacro, una struttura privata convenzionata con la stessa università di Tor Vergata. Tra i soci risultano oltre alla direttrice, anche altri due Fraioli, Antonio Leonardo, e lo stesso neoprimario di Tor Vergata, Mario Francesco. “I pazienti del Policlinico – rimarca Santori – possono così venire dirottati alla casa di cura Villa Benedetta, specializzata in radioterapia. Una paradossale situazione nella quale un Fraioli dalle strutture pubbliche di Tor Vergata invia pazienti a una Fraioli nella struttura privata di proprietà dei Fraioli. Sembra un gioco di parole ma potrebbe apparire semplicemente un evidente conflitto d’interessi a carico del Servizio Sanitario Nazionale e dei cittadini”. Il baronato esiste negli atenei come negli ospedali – prosegue Santori – e a pagare il protrarsi di questo fenomeno sono principalmente i cittadini, senza dimenticare le migliaia di operatori sanitari precari che attendono risposte dalla Regione Lazio così come i tanti giovani medici preparati che sono costretti ad espatriare perché non hanno qualcuno che li protegge o almeno gli permette di lavorare”.

mmm....quindi?mi sa che c'è ancora molto molto lavoro da fare sulla trasparenza ma sopratutto sulla mentalità delle persone....



giovedì 13 febbraio 2014

Puntura accidentale




La puntura accidentale è l'incidente più frequente e statisticamente rilevante nel corso di Scienze Infermieristiche.







Ricordiamoci sempre un grande insegnamento: il paziente va sempre trattato come se fosse infetto (anche il più innocuo, l'insospettabile), e quindi vanno impiegate sempre tutte le procedure correttamente, senza sottovalutare mai le eventualità.





Nonostante questo l'incidente può succedere, al migliore, all'esperto, al più anziano ma ancora di più allo studente!

Mi è capitato che delle colleghe studentesse si pungessero quando eravamo in turno a Tirocinio insieme e alcune cose non mi sono piaciute.

La prima è che purtroppo la prima reazione del tutor o dell'infermiere in turno è stata un po negativa, della serie "Ma come hai fatto, scemotto?" e vabbe, ci può stare, perché magari uno ha fatto una cavolata, che sapeva di non dover fare (tipo rincappucciare l'ago!!) però infierire non serve a nulla...forse già ci si sente degli scemi da soli e non ci serve che qualcun altro ce lo faccia sentire anche senza dirlo apertamente.
Diciamolo: siamo studenti!Sono incidenti che possono succedere e comunque il peggio è il nostro!Evitiamo poi anche di far girare la voce cosi che tutti vengano a chiederci come abbiamo fatto a pungerci, e noi che già ci rode da morire e siamo pure spaventati, dobbiamo ripetere la storia, mortificati come se avessimo punto loro, alla signora delle pulizie, alla dottoressa, al parente ecc ecc.
E qui arrivo alla seconda cosa che non mi è piaciuta. Nonostante l'atteggiamento iniziale, nessuno è contento dell'accaduto e alla fine tutti tirano fuori l'istinto materno e cominciano ad occuparsi di te, ma sanno cosa devi fare? Arriva un momento in cui gli sguardi vanno per aria, la gente comincia a fischiettare e nessuno prende in
mano la situazione...

....il mio immancabile §CONSIGLIO è sempre quello delle prime righe: i pazienti sono tutti infetti fino a prova contraria, quindi andate sempre e dico sempre con i presidi di protezione individuale!

Non sono ridicoli e tanto meno superflui!
Non credete mai di essere arrivati al livello di non averne bisogno...
Io soffro anche quando vedo gli Infermieri con 30 anni di servizio fare i prelievi senza guanti...che pure se lo potrebbero permettere anche di farli ad occhi chiusi!!figuriamoci uno di noi!!
Ci vuole concentrazione e poca inventiva all'inizio!La creatività la potremmo adottare tra almeno 10 anni carriera...!
La gestualità e la manualità nel nostro mestiere è fondamentale e io sono convinta che dobbiamo insegnarla alle nostre mani prima che al nostro cervello, ci sarà tempo per rilassarsi. o forse no?!?

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Prima di dirvi cosa fare, analizziamo un po la questione e facciamo un po di educazione sanitaria (da un bel documento dell' AZIENDA OSPEDALIIERA“CANNIIZZARO”)

Le cause della puntura accidentale da ago sono:
· terapie iniettive praticate a pazienti agitati o non collaboranti;
· pulizia strumenti taglienti;
· reincapucciamento dell’ago dopo il suo uso;
· inserimento dell’ago nel deflussore al termine di una terapia infusionale;
· manovre varie nella eliminazione dell’ago;
· uso di contenitori impropri con pareti sottili e facilmente forabili.

Norme per l’uso di aghi e taglienti

- Non reincappucciare mai gli aghi usati.
- Procedere con la massima attenzione per prevenire punture o tagli.
- Evitare il passaggio da mano a mano di taglienti da parte degli operatori.
- Laddove occorra praticare su uno stesso paziente iniezioni multiple di anestetico o di altri farmaci da una singola siringa, è prudente, nell’intervallo tra una iniezione e un’altra, proteggere l’ago nodo in un tubo sterile, piuttosto che incappucciarlo.
- Smaltire aghi, siringhe, lame di bisturi e altri taglienti negli appositi contenitori rigidi resistenti alla foratura.
- Non manipolare o tenere con sé siringhe o taglienti usati, oltre il tempo strettamente necessario.
- Non disconnettere manualmente gli aghi dalle siringhe o le lame di bisturi dal portalama e non piegare, spezzare o manipolare in qualunque modo gli aghi.
- Non manipolare gli aghi usati con entrambe le mani.(operazioni con una sola mano)
- Non infilare gli aghi nei set di infusione.
- Non rivolgere mai la punta dell’ago verso il corpo.
- Utilizzare aghi con sistemi di protezione.
- Durante l’uso di aghi e taglienti, gli altri operatori devono tenere le mani lontano dal
campo interessato dall’operazione a meno che non sia richiesto il loro aiuto.
- Contenitori resistenti alla puntura devono essere sistemati in vicinanza ed in posizione comoda, rispetto al posto dove devono essere utilizzati.
- Non rompere,manipolare,piegare gli aghi usati con le mani.
- i contenitori di sicurezza non vanno riempiti fino all'orlo ma al massimo per 3/4 (salvo attenersi alle indicazioni di massimo livello presenti sugli stessi)e alla fine del riempimento vanno
chiusi in maniera definitiva.

Ricordate inoltre che sia il d.lgs 626/94 e successive modifiche, sia il Ministero della Sanità con decreto del

28/09/1990 (art. 9, comma 3) “Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie pubbliche e private” prevedono l’obbligo per gli operatori sanitari di:“Comunicare immediatamente all’ organo preposto l’accidentale esposizione a sangue o ad altri liquidi biologici per l’adozione degli opportuni provvedimenti”.
L”organo preposto”viene individuato nel medico di reparto (ambito ospedaliero) o nel responsabile medico della struttura extra ospedaliera in cui avviene l'infortunio. I termini responsabile medico o medico del reparto individuano la figura medica in servizio al momento dell'infortunio.

(dal documento PROTOCOLLO POST-ESPOSIZIONE CON MATERIALE POTENZIAMENTE INFETTO dell'Usl Roma F http://www.comune.canalemonterano.rm.it/docs/rischio_biologico.pdf)  


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Allora arriviamo al dunque, ho pensato di dirvi cosa fare o come cercare di indirizzare i tutor nel caso non gli sia mai capitato uno studente Punto...
Ovviamente ogni ospedale ha le sue procedure che potete trovare in internet o chiedendo alla caposala e comunque ci sono linee guida generali per qualsiasi tipo di esposizione a rischi biologici (vi si apre un mondo se digitate su google).



Cosa fare se vi siete punti accidentalmente 
DA FARE SUBITO E SEMPRE:



In caso di puntura o taglio aumentare il sanguinamento della ferita,

detergere con acqua e sapone, 
quindi procedere alla disinfezione accurata della ferita con clorossidante elettrolitico (tipo Amuchina al 5%), 
o con prodotto a base di PVPJ ( tipo Paniodine, Betadine).


In caso di contatto con il cavo orale procedere a risciacqui con clorossidante elettrolitico (tipo Amuchina 5%), oppure con Acqua Ossigenata 10 vol.
In caso di contatto con le congiuntive 
procedere ad abbondante risciacquo delle mucose con acqua o
soluzione fisiologica.
Accertarsi della propria situazione anticorpale circa il virus dell’epatite B, ogni lavoratore deve avere un
certificato di vaccinazione antiepatite B, da esibire al momento di un eventuale infortunio biologico.

POI
A prescindere dalla procedura che vale per tutti, tu studente dopo aver fatto quello sopra descritto devi avvisare il tutor, e consiglio, per esperienza, di avvisare la Caposala, perché state certi che a Lei sicuramente non piace che succedano cose nel suo reparto senza che Lei lo sappia ed è comunque una forma di rispetto avvertirla, anche perché scoprirete che è la più informata e vi aiuterà, subito dopo la cazziata iniziale!

Quindi mi raccomando dite subito dell'incidente! 
Sarà lei o chi l'infermiere che ne va le veci a portarvi dal Medico del reparto
Il medico controllerà la storia del paziente e già saprà darvi qualche rassicurazione sulla sua storia infettivologica (Hiv? Epatiti?altro?)



Dopo di che voi potete già avviarvi al Ps dove ci faranno le analisi e poi se serve chiederanno un consenso informato al paziente per svolgere ulteriori esami su di lui.
Dopo di che avete il colloquio con il medico infettivologo, nel nostro caso si va al reparto di malattie infettive, dove spiegate di nuovo l'accaduto, anche questi medici controllano la storia del paziente e se il paziente non ha nulla di sospetto si aspettano i risultati delle vostre analisi e si concordano con voi dei follow up, a 6 settimane, 6 mesi e 1 anno, mi pare, perché come sapete non tutte le malattie infettive si manifestano subito delle analisi del sangue.
In caso di paziente notoriamente infetto vi si porporrà si accettare dei trattamenti antivirali o vaccini.

LA PROCEDURA DICE...

 1 - L'infortunato si rivolge al medico di reparto dal quale proviene il “Paziente Fonte”; se il “Paziente
Fonte”, dal quale proviene il materiale biologico, è identificabile, il medico di reparto deve:

- Procedere ad una immediata indagine epidemiologica e clinica sul paziente fonte utilizzando come

schema logico di valutazione del rischio
- eseguire gli accertamenti, richiedendo al “Paziente Fonte” il consenso che
deve essere recepito in forma scritta utilizzando gli appositi moduli, ed inviando i campioni, nel più breve tempo possibile, al laboratorio di analisi.
- il medico del reparto all'esito dell'anamnesi e delle indagini di laboratorio in collaborazione con lo specialista (se presente) o con personale medico formato ed indicato dalla Direzione Sanitaria del P.O., deve informare l'infortunato circa la necessità di avviare eventualmente la profilassi farmacologica, la tipologia  dei farmaci da utilizzare, eventuali controindicazioni. In particolare, per ciò che attiene il rischio potenziale di infezione da HIV, della possibilità di avviare una profilassi anti HIV con farmaci antiretrovirali entro le 4 e non oltre le 24 ore, fornendo un quadro delle possibili indicazioni e controindicazioni riferite al suo caso specifico.
- Acquisire il consenso o il rifiuto della profilassi con farmaci antiretrovirali.
E' necessario assicurare l’esecuzione dell’ AcHIV la più rapida possibile - Il Laboratorio Analisi assicura, previa telefonata che annunci l’arrivo del campione, il risultato entro 2 ore.

2 - Gli infortunati devono quindi recarsi rapidamente presso il pronto soccorso ospedaliero per:

- presentare regolare denuncia di infortunio sul lavoro (ve lo chiederà il medico quando scrive il referto del Ps)
- profilassi con vaccino per l’epatite B).
- Eseguire nella struttura di pronto soccorso del prelievo di base  al momento dell’infortunio
- In caso di consenso al trattamento con farmaci antiretrovirali, l'infortunato viene inviato e, se necessario,
accompagnato presso il Centro di Riferimento dell'Ospedale L. Spallanzani di Roma per la somministrazione
di trattamenti profilattici immediati (entro 4 e non oltre 24 ore dall’infortunio)

Il servizio di sorveglianza sanitaria (medico competente) riceve la segnalazione dell'infortunio dal medico del

reparto di provenienza dell'infortunato e l'esito dell'esame di base dal Pronto Soccorso ed attiva la sorveglianza post infortunio, che prevede il controllo ematologico del soggetto

All’operatore verrà proposto un follow-up sierologico a 6 settimane, 3 mesi, 6 mesi e a un anno dal contatto.


GLI ACCERTAMENTI SANITARI
L’elenco che segue comprende l’insieme degli esami cui deve essere sottoposto sia l’operatore sanitario che ha
subito l’esposizione, sia la fonte di esposizione. Detti accertamenti sono disposti rispettivamente dal consulente
infettivologo (se presente) e dal medico di reparto.

Accertamenti sierologici sull’operatore:


per tutti i soggetti infortunati:

HCVab – HIVab - HBsab

Accertamenti sierologici sul paziente (se identificabile)

HCVab – HIVab – Hbsab – HbsAg – Hbcab – HbeAg - HBeab

Altri esami possono essere disposti dall’infettivologo o dal medico del reparto.

Gli esami successivi a quelli di base vengono stabiliti dal Medico Competente nel corso della normale
attività di sorveglianza sanitaria post-esposizione.



BUON LAVORO 






mercoledì 12 febbraio 2014

Situazione degli Infermieri in Italia

Non è il "Copia e Incolla" quello che voglio fare per questo Blog però quello che segue, ripreso dal sito Ipasvi, è interessante e credo che ognuno dovrebbe conoscere questi dati.
Non tanto perché siano fondamentali da conoscere ma perché vi stupirete nel rendervi conto che un centro studi molto importante che analizza queste variabili conferma al 100 % quello che noi studenti ed infermieri abbiamo notato già da un pezzo....A volte è importante farsi dare ragione!
Gli infermieri invecchiano, non vanno in pensione, i giovani non possono rimpiazzarli e a volte arrivano a cancellarsi dall'Albo per la disperazione. Noi nel pieno delle forze psicofisiche stiamo a casa a grattarci le pance vuote e i tagli sempre maggiori alla sanità ci limitano nel presente e nel futuro....è cosi e ce lo dice Ennio Fortunato, Dirigente di ricerca EPR.
Fiuuuuu....adesso mi spiego perché sono laureata con il massimo dei voti e non trovo neanche uno straccio di lavoro...

Queste analisi, queste conferme che la situazione è nera, non possono farmi sentire meno inutile in questo momento di disoccupazione forzata, anzi mi fanno venire ancora più voglia di fare l'Infermiera, da cui deriva un grande senso di scoramento...

                                                                                  ...........................................
                                                                                       
Negli ultimi anni in Italia il numero di infermieri è cresciuto: dai 5,9 infermieri per abitante del 2000 si è passati ai 6,1 nel 2005 e ai 6,6 nel 2011, ultimo anno disponibile. Tuttavia, si è ancora lontani da una condizione paragonabile con quella dei principali Paesi europei ed in linea con gli standard fissati a livello internazionale. L'Italia è ancora parecchio indietro nella graduatoria europea stilata dall'OCSE. In questa classifica, il nostro Paese è infatti al diciottesimo posto, su 33. Non si tratta certo di un risultato lusinghiero, anche in considerazione del fatto che non necessariamente ad ogni nuova iscrizione corrisponde una effettiva condizione di lavoro.


Tavola 1 - Infermieri per 1.000 abitanti - Graduatoria europea - anno 2000-2011
2000
2005
2011(*)
1
Svizzera
13,2
14,3
17,4
2
Belgio
15,8
3
Danimarca
12,6
14,6
15,7
4
Norvegia
14,1
13,3
5
Irlanda
12,3
12,2
6
Lussemburgo
7,6
11,3
11,6
7
Germania
9,8
10,4
11,5
8
Finlandia
9,5
9,5
10,7
9
Bielorussia
9,5
9,8
10,6
10
Gran Bretagna
9,0
11
Francia
7,1
8,1
9,0
12
Olanda
8,3
8,6
13
Repubblica Ceca
8,1
8,5
8,5
14
Russia
8,0
8,0
8,1
15
Austria
7,2
7,3
7,9
16
Ucraina
5,8
5,9
7,5
17
Lituania
8,0
7,4
7,4
18
Italia
5,9
6,1
6,6

EUROPA
7,7
8,3
8,4
(*) o ultimo disponibile




Nell'ultimo quinquennio, la popolazione di infermieri è invecchiata di oltre due anni, nella media nazionale, passando dai 41,1 anni del 2007 ai 43,3 del 2012. In alcune Regioni, come Lombardia, Liguria e Veneto, l'invecchiamento arriva anche a sfiorare i tre anni.
Tale situazione è il risultato delle diverse dinamiche che hanno interessato le classi più giovani e quelle più anziane di infermieri e che sono destinate ad accentuarsi per effetto dei recenti interventi normativi in materia pensionistica.
Nell'ultimo quinquennio (Tavola 3 e Grafico 3) la percentuale di giovani (sotto i 35 anni) tra gli infermieri è diminuita, al contrario di quella degli anziani (oltre i 50 anni) che è invece in progressivo aumento. Tra il 2007 e il 2012, la quota di infermieri con meno di 35 anni è passata dal 22,5% al 19,5%, quella degli infermieri ultra 50-enni dal 18,0% al 26,0%. Si tratta di una evoluzione molto significativa, soprattutto perché concentrata in relativamente poco tempo.

Grafico 3 - Iscritti Ipasvi per classi di età - Andamento 2007-2012 (valori %)

arriva il dato sulle cancellazioni dagli albi professionali. Non si tratta di un dato di particolare consistenza numerica, tuttavia sorprende rilevare che circa un quarto (23,6 %, ma in alcune Regioni anche il 30-35%) delle cancellazioni registrate nel 2012 si riferisca ad infermieri con meno di 50 anni, quindi nella pienezza della loro capacità lavorativa. Anche questo dato, che riflette le difficoltà che scaturiscono dal contesto della crisi in atto, deve essere attentamente valutato in sede di definizione delle specifiche politiche occupazionali.